Per la precisione sui porti. Anche perchè il Brasile può contare su una rete idrica che, strano ma vero, è più agevole di quella stradale, infatti i fiumi sono tantissimi e ampiamente navigabili per lunghi tratti. Si tratta di un salto per facilitare la nascita anche di porti privati oltre a quelli pubblici e invitare nuovi capitali stranieri nel paese con una prima spinta di 20 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Una conseguenza naturale dovuta al boom degli ultimi anni che ha permesso di sfruttare la rete idrica (il 95% dei trasporti per il commercio avviene vi mare) e che ha sottolineato la sua inadeguatezza ai carichi della richiesta internazionale che si prevede in aumento anche nell’immediato visto che all’orizzonte si vedono ormai da tempo anche i nuovi traguardi della Coppa del mondo di calcio del 2014 e le Olimpiadi del 2016.

Il Brasile conta proprio su questo tasto per riuscire a rilanciare la ricchezza del Paese che, anche grazie agli eventi in questione potrebbe tornare a quel 3% prospettato dagli analisti dopo un già asfittico risultato del 2012. Il progetto si inserisce su un più vasto andamento dell’economia che punta a favorire una maggiore privatizzazione degli investimenti e delle infrastrutture che hanno visto un miglioramento sistematico delle autostrade, ma non dei porti attualmente impegnati a pieno regime e che invece scontano una mancanza ventennale di ammodernamento delle strutture. Alla base di questa mancanza di azione sui porti la ritrosia dei sindacati che vedono mella privatizzazione il pericolo di un’ondata di licenziamenti. E infatti sono partiti, alla notizia dell’approvazione delle nuove regole, una raffica di proteste da parte dei lavoratori dei principali scali marittimi e fluviali.

Eppure, nonostante questo impegno il grande colosso del sud America, che molti analisti hanno individuato come protagonista di un’azione-traino per tutto il continente, deve ora scontare anche un calo drastico di quelle materie prime sulle quali fino ad ora ha basato il suo commercio, quello stesso che vede proprio nei porti un punto focale di transito. Non solo, ma anche da un punto di vista fiscale le imprese che si accingono a partecipare a quest’ultimo passo di modernizzazione non sono state agevolate sul piano fiscale, rendendo difficile una lotta vincente sul piano della competizione internazionale e questo spiega anche perchè l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse)ha dovuto tagliare le prospettive di crescita nonostante la ripresa degli investimenti esteri.

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