Vista al puerto de Yantien, en la provincia de...
(Photo credit: Wikipedia)

Dopo vent’anni di crescita a due cifre, Pechino accusa i primi sintomi di stanchezza. Il mito della nuova super borghesia cinese si sta ormai sbiadendo e i famosi miliardari con gli occhi a mandorla sono sempre meno. A Pechino torna, resuscitata da un passato nemmeno troppo lontano, la sana pratica del risparmio anche perchè i dati economici ormai tendono al negativo con una frequenza che rischia di essere allarmante. E visto che l’industria cinese è ormai considerabile l’unità di misura dello sviluppo mondiale, non sono in pochi a preoccuparsi.

Infatti tutto parte da quel famoso 7,5% di Pil che i vertici cinesi hanno portato come “dote” alla loro elezione arrivata ormai quasi un anno fa. Un dato che potrebbe non verificarsi totalmente e che, nel migliore dei casi, anche se si verificasse, sarebbe comunque la più bassa degli ultimi 20 anni. Le intenzioni del governo sarebbero quelle di sottrarre la dipendenza dell’economia nei confronti di un export che risente negativamente della crisi mondiale e che non può contare su un’economia interna sufficientemente matura per assorbire il surplus i domanda rimasta insoddisfatta.

Interessante il punto di contatto con un’altra grande protagonista, attualmente in affanno dell’economia europea, la Germania sulla quale l’Europa punta i fari e soprattutto scommette speranzosa per un avvenire di “traino” della ripresa. Anche in questo caso il problema è un export che è letteralmente strozzato da quegli antichi “clienti” che adesso devono fare i conti, letteralmente, per riuscire a far quadrare il bilancio in casa loro. Ma per alcuni analisti Pechino tenta di assecondare la frenata e questo spiegherebbe un temporeggiamento nello stimolo fiscale altrimenti inspiegabile. Il target da raggiungere in questo caso non sarebbe più quell’8% che sembra sempre più lontano e irrazionale, ma una stabilizzazione della fase di crescita dell’economia intera in modo che ad essere salvaguardata sia la tenuta dei conti e dell’economia anche in futuro. Solo un percorso più lento ma strutturato in maniera più organica, permetterebbe una crescita solida in un panorama estremamente incerto. La stessa Berlino, infatti, speculare parallelo di Pechino, ha registrato una diminuzione delle sue performance proprio in ambito industriale e proprio in quei settori dediti all’export.

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