Non deve averla pensata così, però, il gioielliere della ridente località ligure, che nel corso degli anni, si è visto trasformare il proprio debito, originariamente di ammontare pari a 50 milioni di lire, in un nuovo rapporto debitorio del valore di 100 mila euro. Evidentemente un ‘errore’, quello commesso da Banca Carige , la quale deve aver frainteso il significato della conversione ‘due-a-uno’. Un affare che certo non ha fruttato all’istituto di Genova l’ammontare desiderato e che, condannata dalla Corte d’Appello ‘cum dolo’, ha dovuto accontentarsi di una saldo da parte dell’orefice per un ammontare pari appena all’originario debito iniziale (e, dunque, a tasso zero).

Il silenzio di chi non sa

Un tasso così alto da andare addirittura oltre i confini dell’usura, che fa sorridere se riferito al periodo attuale in cui, nel mondo finanziario, vige il più basso livello di tassi della storia contemporanea. La scoperta della frode, che capitalizzando interessi su interessi ha quadruplicato il debito iniziale, ha messo in luce come tuttavia, solo dall’agosto 2009, la Banca d’Italia abbia emanato la circolare effettiva in cui veniva esplicitata la formula per la corretta stima degli interessi da pagare sui rapporti in essere prima dell’avvento dell’euro.
Una colpa attenuata, insomma, per l’istituto di credito, che fa sorgere però spontanea la domanda di come, proprio una Banca, non sia stata in grado di ‘accorgersi’ che un interesse quattro volte superiore rispetto all’iniziale valore nominale, era forse un po’ fuori misura.  E non era la prima volta.
La Corte d’Appello di Genova ha infine aggiunto come, nel futuro, si spera che tali abusi vengano smascherati in tempi ben minori e, nel mentre, si rammarica per le diverse imprese che, ignare, hanno subito abusi di tale portata dall’arrivo della moneta unica.

 

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