Perchè spesso si è contrari all’austerità? Semplice: brucia le possibilità di crescita. Eppure, i conti pubblici, nel 90% dei casi non possono certo essere lasciati così. Allora, come risolvere la diatriba?

Prima di tutto è bene stabilire che effettuare misure di austerity non è un peccato contro la religione, anzi, spesso sono veramente una ricetta sana per riuscire a frenare gli sprechi e soprattutto per risanare realmente i conti pubblici. Ma, naturalmente, è bene che, come ogni medicina, sia assunta da un organismo che può reggere eventuali effetti collaterali e, soprattutto, alle giuste dosi. Partiamo dal primo punto.

A suo tempo Paul Krugman premio Nobel per l’economia, ha fatto giustamente notare che il Canada degli anni ’90 è spesso preso ad esempio quale campione di efficienza della stretta sulla spesa pubblica e dell’aumento delle tasse. In effetti il ragionamento è giusto, nel senso che la base di partenza è veritiera. Ma lo stesso economista fa notare, altrettanto giustamente, che l’esempio è falsato poi nella sua dimostrazione. A quel tempo il Canada potè sfruttare altri valori compensativi Prima di tutto l boom economico degli Usa sotto la presidenza Clinton, cosa che attualmente on si può certo considerare. L’economia Usa di oggi, infatti, se al confronto di quella europa sembra essere in gran forma, soprattutto vedendo l’andamento di Wall Street, se paragonata a ciò che era solo pochi anni fa, rimane una versione anemica di un’appoggio non certo salubre e meno che mai compensativo per una crescita mondiale a dir poco stentata.

Non solo, ma allora, Ottawa potè compensare la stretta sulla spesa pubblica con una svalutazione della moneta e gli introiti benefici dell’aumento dell’export. In un certo senso un gioco di contrappesi che altre volte è riuscito anche in Italia, quando è stato possibile agire sulla lira. Data l’impossibilità di toccare l’euro e visti i suoi valori piuttosto forti nell’ambito di una politica monetaria tendenzialmente svalutativa l’impresa è a dir poco ardua.
L’effetto delle contrazioni economiche date da tagli alla spesa e aumento delle tasse non è compensata da nessun elemento positivo nè interno, come appunto un export favorevole, nè esterno. Anzi, l’Europa, come anche l’Italia soltanto, non hanno “vicini di casa” che possono sfruttare un boom economico. E ancora, la guerra valutaria, inesistente nelle ufficialità delle dichiarazioni ma di fatto ben più avanti di quanto si creda, pone nuovi
ostacoli per riuscire a sfruttare una debolezza interna della moneta unica.

Perchè allora continuare? Difficile dirlo, anche perchè gli Usa e l’Europa nascono su basi differenti, come anche la Fed e la Bce. La prima può e deve occuparsi anche della protezione dell’ambito lavorativo, cosa che sta facendo da tempo visto che il suo Quantitative easing nasce e si sviluppa (in modo anche pericoloso) con l’intento di riuscire a proteggere l’ambito lavorativo, quella  dissoccupazione al 6,5% che si è posta come obiettivo prima di ritirare il programma di stimolo. Invece la Bce , come più volte ripetuto dallo stesso Draghi, non può andare oltre il controllo della stabilità dei prezzi delegando ai singoli governi le politiche di stimolo all’economia. Peccato che queste ancora tardino a venire e non sembrano nemmeno essere per la strada.

Post della stessa categoria: