Il problema dell’economia americana è il fatto che, innescata la crisi, deve non solo uscirne per prima, ma anche e soprattutto essere il traino per l’economia mondiale.E da qui in poi, il ruolo del dollaro, perno cenrale di tutto, potrebbe cambiare.
Un’economia che stavolta deve combattere anche con il pericolo imprevisto della Cina, un colosso che, affondando, crea una voragine difficilmente colmabile. Almeno per una nazione il cui andamento è si positivo ma si regge sulla forza, paradossale ma vero di un dollaro che dev’essere forzatamente svalutato per diversi anni prima di dare risultati sproporzionatamente miseri se confrontati con gli sforzi messi in campo dalla Federal Reserve per permettere a tutta l’economia di riprendersi. Il dubbio, però, rimane, dubbio che gli Usa possano non farcela a reggere da soli il peso delle carenze mondiali che, di fronte anche all’eterna debolezza dell’Europa, devono fare i conti anche con il venir meno dei mercati emergenti i quali, a loro volta, sono rimasti vittima della speculazione dei grandi investitori che, sconfitti e impauriti da un rendimento del dollaro forzatamente basso, hanno preferito trovare nuovi scenari su cui puntare.

Infatti, mentre la maggior parte degli analisti dibatte sul quando e come avverrà la ripresa economica, sono in pochi quelli che invece fanno notare come i numeri attualmente considerati positivi dopo una crisi epocale, prima del 2008, sarebbero stati giudicati degli insuccessi veri e propri. Ad ogni modo, visto che questo è ciò che ci ritroviamo , sarebbe il caso di tornare a fare buon viso a cattivo gioco e quindi abituarci a quella che da più parti viene definita come “nuova normalità” ovvero numeri relativamente bassi accontentandosi del meno peggio.

Da questo punto in poi, perciò la forza stessa dell’economia statunitense e con essa quella del dollaro dovrà essere sicuramente messa in discussione. Infatti una delle principali incognite della crisi economica potrebbe essere proprio la sorte del sistema made in Usa. Asserragliati da una Cina il cui crollo sta creando letteralmente un appianamento fra le due superpotenze, Washington potrebbe vedere presto una competizione diretta con Pechino per quanto riguarda il primato di prima potenza mondiale. E non solo per una questione di moneta (quella cinese sta iniziando a diventare particolarmente popolare) e di guerra valutaria tra yuan e dollaro, ma anche per una serie di problemi tra cui la composizione stessa della popolazione che in entrambe le realtà tende ormai ad invecchiare (con la Cina che ha solo un accenno attualmente del trend) con inevitabili ripercussioni sul sistema sanitario nazionale. Senza contare che anche il problema del fabbisogno energetico arriverà alla ribalta con Washingotn che potrebbe non sfruttare più di tanto il miracolo dello shale gas, i cui pozzi hanno una durata media relativamente limitata se confrontata con quella dei tradizionali pozzi petroliferi. Mentre Pechino, praticamente un’importatrice diretta, si sta dibattendo fra la necessità di energia a basso costo e rivoluzione delle rinnovabili.

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