Sul mercato quotato esistono due tipi di fondi: l’uno di diritto italiano, l’altro di diritto estero. Mentre i primi racchiudono quelle tipologie di strumenti tassati secondo il regime del risparmio amministrato italiano, gli ETF appartenenti al diritto estero ricadono sotto una tipologia di trattamento fiscale mediamente più penalizzante, al punto da disincentivare in alcuni casi la scelta di una quota di emittenti esteri a favore di un prodotto di domicilio locale.

Gli Exchange Traded Funds di diritto estero non armonizzati (quali, ad esempio, gli ETF (http://www.trend-online.com/etf-tassazione.html) quotati sul listino statunitense) presentano, secondo la normativa italiana, condizioni svantaggiose di investimento, dovute ad un non apprezzamento da parte dell’Autorità nazionale al posizionamento degli investitori italici in attività foresti. Nello specifico, l’acquisto di ETF non armonizzati (e spesso non autorizzati) comporta l’applicazione di un’aliquota marginale sul reddito da capitale realizzato tramite l’ETF investito, corrispondente (per applicabilità ed ammontare) all’aliquota IRPEF della dichiarazione dei redditi (con un livello di tassazione che può raggiungere fino l’elevata soglia del 43%).

Trading al 26%; penalizzazioni sul capital gain


Nel caso in cui il guadagno realizzato sia computabile come attività di trading o vendita allo scoperto, il fisco italiano ha previsto che l’aliquota sotto la quale assoggettare tali rendite sia pareggiata a quella del profitto di ETF nazionali (http://finanze.blogattivo.com/Blog-b1/ETF-su-Titoli-di-Stato-la-bonta-dei-Buoni-del-Tesoro-b1-p7.htm); tale provvedimento è stato preso in seguito alla decisione di separare il concetto di reddito da capitale derivante da negoziazione da quello di capital gain da negoziazione.
In termini pratrici, dunque, partendo dal livello originario del 12,5%, l’aliquota sarà portata il primo luglio del corrente anno ad uniformarsi all’imposizione del 26%.
Con tale provvedimento l’Autorità ha voluto disincentivare il posizionamento in attività estere di investitori aventi a disposizione archi temporali più lunghi e nuova liquidità da impiegare, agevolando solo la compravendita legata ad attività di trading.

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